“Il filo nascosto” film – la recensione di Giulia SAVOCA

Giulia Savoca ha studiato Pittura e si è specializzata in Comunicazione Creativa per i Beni Culturali
sempre in Accademia di Belle Arti di Brera. I suoi progetti personali sono sempre a cavallo tra le
sue diverse passioni: cinema (video), arte contemporanea e musica. Ha lavorato presso Studio
Azzurro, celebre gruppo di lavoro artistico che realizza installazioni, ambienti interattivi e
contenuti multimediali per mostre e musei e attualmente collabora con diversi studi di produzione
video come montatrice e per alcuni progetti per la valorizzazione di beni culturali. Il video e nello
specifico il montaggio è per lei strumento e possibilità di sperimentazione, proprio perché
attraverso esso vi è la possibilità di alterare il tempo e giocare con le sovrapposizioni e la
sincronizzazione con la musica. Anche la scrittura è un’ulteriore sperimentazione e passione,
un’urgenza che adopera per esprimere attraverso recensioni, i suoi pensieri ed emozioni circa le
esposizioni d’arte e film appena visti.

La talentuosa ed eclettica Giulia, assidua frequentatrice delle sale cinematografiche milanesi, di recente ha visto “Il filo nascosto”  una pellicola del 2017 scritta, diretta e co-prodotta da  Paul Thomas Anderson. La storia ambientata

all’interno dell’industria della moda londinese degli anni cinquanta, vede nel cast Daniel Day-Lewis, Lesley Manville e Vicky Krieps.
Prima data di uscita: 25 dicembre 2017 (Stati Uniti)
Regista: Paul Thomas Anderson
Botteghino: 38,2 milioni USD
Candidature: Oscar al miglior film, Oscar al miglior attore

di seguito la sua recensione del film:

“Il filo nascosto”

L’amore è un gioco di potere, di controllo, un braccio di ferro dolce e spietato tra due amanti
irrequieti.
“Se vuoi fare un gioco di sguardi con me – gli dice sorridendo – perderesti…”.
Chi lo dice? Non importa, perché in questo gioco impenitente se dapprima lo stilista sembra
avere la meglio e il controllo assoluto “prendendo e misure”, presto l’equilibrio si andrà a
compensare e allora la suspense si andrà a infittire, la lancetta che sembra segnar severa la
fine di questo amore tornerà a fluire come una clessidra ad acqua.
Un abito racconta molte storie, nasconde molti fantasmi dentro di se, chi l’ha indossato, chi
l’ha tessuto, chi l’ha ideato.
Cucire/tessere significa richiudere un orlo, una ferita, ma il ricordo, la cicatrice e trama
restano.
E’ così labile il confine tra amare e ricordare che a volte si ricorda ancora prima di aver vissuto
quel momento, di averlo amato. Se si ama, si perde il controllo e si riprende il controllo non si
ama come si vorrebbe.
Un film che attraverso i suoi dettagli, grazia e portamento porta con sé le astuzie, i ricami, le
delusioni e l’emancipazione in amore.
L’intesa, l’intrigo e il gioco accendono il desiderio dei due amanti nel perpetuarsi dei loro dolci
errori.
Fotografia impeccabile e ricercatezza assoluta nel montaggio che sembra tessere un abito
lungo tutto il film, una rete dalla fitta trama, quella della suspense e dell’ostinata scintilla che
ciclicamente ci riporta al punto di partenza, come in un sottile gioco da tavola, un sottile filo
nascosto.

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